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IMMIGRAZIONE: COME ABBATTERE LE BARRIERE DEI PREGIUDIZI: SE L'IMMIGRATO CI TOGLIE IL POSTO DI LAVORO... di Valentina Velocci

di Valentina Velocci

Roma, Università degli Studi di Tor Vergata - Si è  svolto in data 30/ 03/ 2015 la VII edizione del corso "Educazione ai diritti" organizzato dal CREG, Centro di Ricerche Economiche e Giuridiche dell'Università di Roma "Tor Vergata", in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche IDOS, ONimpresa a.p.s (Osservatorio Nazionale Impresa) e Studio Legale.
Il corso offre la possibilità di approfondire gratuitamente alcune tematiche riguardanti l'immigrazione  approfondendola in alcuni aspetti d'attualità come l'imprenditoria migrante, i rifugiati e le organizzazioni criminali transnazionali.
Grazie all'esperienza consolidata  dei ricercatori del Centro Studi e Ricerche IDOS,  di alcuni rappresentanti dell'Ordine degli Avvocati di Roma e di  altri esperti di varie istituzioni che sono  intervenuti, si è arricchito ancora di più il dibattito sul tema, offrendo vari spunti di riflessione.
Come emerso dalle ricerche dei suddetti istituti,  il fenomeno migratorio è rilevante da almeno tre punti di vista: il primo riguarda la risposta nel mercato del lavoro, il secondo costituito dai vantaggi e costi del fenomeno e il terzo dal contributo che lo stesso comporta in termini di imprenditorialità.
Per ciò che riguarda il mercato del lavoro i dati ci dicono che in Italia vi sono circa 4.700.000 migranti (dati IDIOS Centro Studi e Ricerche) di cui 2.450.000 sono lavoratori stranieri con un posto di lavoro i quali pagano i contributi come IVA, IRPEF, etc. etc.
Se dovessimo infatti rispondere alla domanda su quali sono i vantaggi e i costi di questo fenomeno, nonostante i luoghi comuni ed i pregiudizi in merito, scopriremmo che grazie all'imprenditorialità dei migranti, l'Italia ottiene 16 miliardi di entrate contro i 12 miliardi di uscite. Quindi, c'è un vantaggio di 4 miliardi dal fenomeno.
In effetti, l'imprenditoria in genere, soprattutto quella "fai da te", costituisce ormai un elemento strutturale della nostra economia ed ha ottenuto un riconoscimento anche in Europa la quale prevede un piano di sviluppo imprenditoriale fino al 2020, questo riconoscimento ha cambiato il volto alla figura dell'imprenditore.
In Europa le imprese sono circa 30.000.000. l'Italia è al primo posto perchè 1/5 di queste imprese si trova in Italia.
Per gli imprenditori immigrati, al primo posto troviamo la Germania, con i turchi,mentre  l'Italia si posiziona al quarto posto.
Analizzando i dati fino al 2013 l'insieme delle imprese degli immigrati sono circa 497.000 (dati IDIOS) che si dividono nelle aree più industrializzate del paese, in particolare nel Nord Italia (Piemone, Veneto, Lombardia) rappresentando il 70 % , anche nel Lazio, Toscana e Marche la presenza è considerevole.
Ogni anno ,dal 1998, il fenomeno migratorio era regolato da un decreto flussi che stabiliva come far entrare gli immigrati in Italia, questo decreto anzi che stabilire i flussi in entrata in maniera funzionale, ovvero indicando il numero esatto delle professionalità richieste, stabiliva le entrate in base alle nazionalità. Paesi come  l'Egitto, ricevevano diritti di ingresso per i loro cittadini secondo degli accordi economici tra i due paesi (Egitto e Italia ad esempio) . Quando nel 2008 è iniziata la crisi, non si è applicato più questo metodo. Oggi entrano in Italia cittadini di origine straniera che svolgono lavori stagionali, autonomi, tirocini, lavoratori con blu card altamente specializzati o quelli che si ricongiungono semplicemente ai loro famigliari.
Di 2.500.000 lavoratori stranieri, un 30% lavora nel settore dell'edilizia, un 25% nell'agricoltura, un 70% tra badanti e colf e solo un 5% di medici, da cui si evince che queste figure sono inserite nel mercato del lavoro in maniera inadeguata rispetto a quello che servirebbe.
Per tornare al tema dell'imprenditoria, è il Nord Italia a detenere i maggior numero di imprese di origine straniera con un 50% di imprese nell'artigianato e un 50% nel commerciale mentre nel settore agricolo abbiamo solo un 3 % causa del tipo di attività che richiede un forte capitale. Spesso, queste imprese non possiedono o non riescono ad ottenere le risorse richieste per gli investimenti.
Il fenomeno dell'imprenditoria migrante apporta al nostro Paese in termini di PIL dai 2 ai 3 punti all'economia nazionale, queste imprese versano oltre 1 miliardo l'anno di contribuzione. Ad esempio,  le attività artigiane ormai abbandonate dagli italiani vengono mantenute dai migranti.
Il migrante arriva con un progetto di crescita personale. Parte da lavori umili fino ad arrivare ad intraprendere un attività autonoma.
In Italia non è difficile fare impresa, quello che è più complesso è farla crescere.
Da quanto emerge, queste imprese hanno contribuito al mantenimento della ricchezza del nostro Paese favorendo il mantenimento di un livello produttivo ancora accettabile.
Le comunità che risultano avere una grande capacità imprenditoriale sono i marocchini che sono oltre mezzo milione con 50.000 imprese.
La comunità albanese con circa 400.000 presenze e un 10% di imprese, oltre 40.000.
La comunità rumena che come cittadini comunitari sono al primo posto, circa 60.000 imprese sono rumene soprattutto nell'edilizia e nel autotrasporto.
Infine la comunità cinese con 30.000 imprese nel tessile e nel commercio. Seguono poi le altre come quella del Bangladesh e dell'Egitto.
Alcune, come quella filippina, sembrano avere una scarsa attitudine imprenditoriale.
I problema maggiore  che riscontra un' impresa straniera è l'accesso al credito in quanto nel nostro Paese le banche vogliono delle garanzie  che spesso l'impresa straniera nascente non è in grado di dare.
A sostegno di questo, spesso agisce la rete della propria famiglia o comunità, come nel caso della comunità cinese che lavora attraverso l'autofinanziamento. Da qui, l'importanza dell'associazionismo come le confederazioni di imprenditori che hanno creato delle strutture parabancarie (tipo società cooperative) per poter dare una garanzia e consentire ai richiedenti di ottenere un finanziamento.
La burocrazia costituisce un altro grande ostacolo, bisognerebbe favorire l'internazionalizzazione.
Le imprese di migranti hanno già una grande capacità di internazionalizzarsi in quanto le stesse costituiscono un "ponte" con i paesi d'origine. Dovrebbero infatti esserci delle norme che favoriscano l'internazionalizzazione ma  spesso i soggetti che si interpongono a questo sono troppi, vi sono infatti un numero eccessivo di istituti come ministeri, enti etc che interferiscono nell'internazionalizzazione.
Dalla ricerca emerge chiaramente che lo sviluppo dell'imprenditoria immigrata genera lavoro. Oltre mezzo milione di posti di lavoro sono garantiti da queste imprese agli italiani.
A Roma è presente da qualche anno la CNA WORLD, nata dalla più conosciuta CNA (Confederazione Nazionale dell'artigianato per la piccola e media impresa), che offre alle imprese straniere consulenza per la creazione di una nuova attività.
CNA WORLD nasce non solo per dare assistenza ma soprattutto per rappresentare le imprese straniere  che spesso non vengono ascoltate e che invece rappresentano l'economia reale ricoprendo tutti quei lavori che servono e che sono stati abbandonati dagli italiani. Inoltre, pur avendo una presenza radicalizzata nel territorio non hanno diritti amministrativi.
Fare impresa per uno straniero spesso è ancora più difficile per la lingua e in primis per la mentalità, pertanto CNA WORLD cerca di favorire l'integrazione attraverso l'informazione e la formazione.
Secondo i dati dell'Osservatorio dell' immigrazione, l'imprenditoria straniera a Roma ha superato le 45.000 unità.
Il saldo tra le imprese che nascono e quelle che muoiono si mantiene in positivo grazie alle imprese straniere (intorno al 5%).
Il 75% delle imprese sono ditte individuali, la loro forza spesso deriva dalla famiglia di origine, la loro debolezza dal confine molto sottile tra ciò che è personale e ciò che fa parte dell'impresa.
L'età media degli imprenditori è piuttosto bassa, tra i 39 e i 40 anni, il tasso di istruzione elevato.
Nella capitale gli imprenditori sono soprattutto dell'Est europeo, dell'Africa del Nord, dei paesi asiatici non solo cinesi anche pakistani e bengalesi.
Il 40% di loro dichiara di essere arrivato in Italia come un clandestino e poi di aver trovato un lavoro regolare prima di intraprendere l'attività imprenditoriale.
Su 120.000 imprese straniere circa il 35% dei dipendenti sono italiani.
Inoltre gli stranieri destinano circa 220.00 euro al mese per i beni alimentari italiani apportando una "contaminazione" sana nel modo di alimentarsi (contaminazione culturale).
Quasi tutti gli intervistati stranieri alla domanda se vogliono permanere nel nostro paese o tornare al paese d'origine, hanno risposto che vogliono vivere in Italia.
Da quanto emerso da queste ricerche si sfatano tutti i luoghi comuni che spesso costituiscono un ostacolo alla vera integrazione, quella fatta di cose reali, di dati certi che ci permettono di essere più consapevoli e di lottare contro  tutti quei pregiudizi senza alcun fondamento.
Nel corso del mese di aprile, nella Facoltà di Economia dell'Università di Tor Vergata, vi saranno altri due incontri sul tema dell'immigrazione, uno il 14 aprile che sarà incentrato su "Asilo, protezione internazionale e la tutela legale degli immigrati" e l'altro il 21 aprile su "Stranieri e Criminalità".
Un invito a partecipare a tutti coloro che hanno  dubbi sul tema e che vogliono farsi un idea concreta di quello che rappresenta il fenomeno.
Per info contattare la segreteria di Uniti per Unire alla casella di posta segreteriaorganizzativa12@gmail.com.

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